“Che cosa sai fare?” “Mah… niente di particolare…”. È quello che rispondono per lo più i partecipanti al progetto Mi Trovo Un Lavoro. Eppure sono persone che hanno avuto la forza di lasciare i loro Paesi e i loro affetti in condizioni più o meno drammatiche, persone che spesso si sono adattate a lavorare in situazioni complicate se non violente, o che si sono trovate a muoversi in ambienti sconosciuti o addirittura ostili.
Io valgo
Quel ‘niente di particolare’ in realtà nasconde un grande coraggio, un’incredibile resistenza psicologica e fisica, una determinazione non comune, la capacità di adattamento e di affrontare situazioni di stress estremo, di paura o solitudine. Senza contare che ognuno di loro tante cose le sa fare, solo che non sa dar loro valore.
Qui intervengono le coach: ognuna entra in relazione di aiuto con uno o due partecipanti e la loro missione è quella di lavorare, con gli strumenti del coaching, sul rafforzamento della loro autostima e della fiducia in se stessi.
La formazione
Ogni coach coinvolta nel progetto – sono tutte volontarie – ha seguito una formazione specifica sul mondo dei migranti: a parte Angela, nessuna di loro aveva esperienza di coaching con persone di altre culture e con alle spalle i vissuti spesso duri di chi emigra. È stato importante quindi fare un percorso formativo che desse loro una conoscenza più mirata delle persone che avrebbero incontrato e che le aiutasse a focalizzare l’incontro sul senso profondo del progetto: rendere queste persone autonome nella ricerca del lavoro. “Non conoscevo a fondo il mondo dei migranti e temevo di non avere competenze sufficienti per essere utile, ma ho imparato molto grazie alla formazione offerta da NoWalls”, dice Michela.
Chi semina raccoglierà
L’obiettivo è renderli consapevoli di quello che sanno fare e di quello che sono, in modo che poi sappiano anche valorizzarsi. Come? Incoraggiandoli a guardare se stessi da un punto di vista diverso da quello in cui sono bloccati.
Non è qualcosa che si impara facilmente, ma il progetto mira, attraverso il contributo di tutte le figure coinvolte nel percorso, a mettere semi che germoglieranno con il tempo.
Lavoro di gruppo
Il lavoro delle coach, infatti, non è isolato, ma avviene in sinergia e collaborazione con tutto il team: i tutor, gli esperti del bilancio competenze, i docenti. Ci sono riunioni settimanali tra le varie figure per fare il punto su ogni partecipante. “Si è creato un bellissimo legame con gli altri volontari”, ci racconta Valeria. “Con loro sono cresciuta e condivido orizzonti di senso: è qualcosa di nuovo per me e molto intenso”.
Questa esperienza in effetti ha un forte impatto sui partecipanti, ma anche sui volontari e sulle volontarie: c’è chi ci racconta che ha imparato a ridimensionarsi, chi ci dice che essere volontaria le permette di esprimere la parte migliore di sé, chi è grata perché questa esperienza le ha dato la possibilità di soffermarsi sulle sfumature meno accessibili che caratterizzano ogni persona.
“So resistere, so essere generoso, volenteroso e determinato, so muovermi in situazioni difficili”. Noi speriamo che sia questo il minimo che risponderanno Mamadou, Alexandra, Serigne, Rodrigo, Katarzyna e gli altri a chi chiederà loro “Che cosa sai fare?”. Mica poco.